Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Certificato anti-pedofili, ecco le regole

Fonte: La Nuova Sardegna
7 aprile 2014

Obbligatorio da oggi solo per i nuovi assunti, esclusi volontariato, scout, parrocchie, gruppi sportivi, colf e baby-sitter

di Annalisa D’Aprile wROMA Dopo alcuni giorni di confusione e polemiche per i certificati antipedofilia, da presentare obbligatoriamente per i lavoratori a contatto con i minori, interviene il ministero della Giustizia a chiarire alcuni dei punti più controversi del decreto (in vigore da oggi). Come prevede la norma, con cui l’Italia si adegua ad una direttiva europea il datore di lavoro che da domani voglia “impiegare una persona per lo svolgimento di attività professionali o attività volontarie (specifica che aveva mandato in allarme i responsabili di organizzazioni del terzo settore, ndr.) che comportino contatti diretti e regolari con i minori” deve richiederne al casellario giudiziale il certificato penale. Così da verificare che l’aspirante impiegato non sia stato condannato per reati contro ragazzini, come prostituzione e pornografia, pornografia virtuale, turismo sessuale e adescamento. Pena per il datore di lavoro che non si accerti della fedina penale del neoassunto, recita sempre il decreto n. 39, «sanzioni amministrative da 10 a 15mila euro». Ma cerchiamo di capire quali categorie sono interessate dal decreto e in che termini. Non è retroattivo. Il ministero della Giustizia chiarisce che la norma si applicherà solo ai nuovi assunti. Certificato solo per i lavoratori. Con una nota diffusa dall’ufficio legislativo, il ministero spiega che «l’obbligo di presentazione del certificato penale trova applicazione solo ed esclusivamente con riferimento ai rapporti di lavoro definiti, in relazione ai quali, cioè, il soggetto che si avvale dell’opera di terzi assume a tutti gli effetti la qualità di datore di lavoro». Le categorie escluse. Se il decreto riguarda solo i lavoratori, non vale per le forme di collaborazione senza compenso, e non tocca il mondo del volontariato, né chi presta servizio in parrocchie, scout o no profit. Sempre dalla Giustizia fanno sapere che non rientrano nell’obbligo della certificazione «tutti i soggetti che prestano la propria opera presso le società e associazioni sportive dilettantistiche (istruttori e tecnici compresi) con i quali non si sia configurato un rapporto di lavoro autonomo o subordinato». Anche i datori di lavoro domestico non devono fare alcuna richiesta per verificare la fedina penale di colf e baby-sitter. Chi riguarda. Gli allenatori di palestre e tecnici di associazioni sportive private a contatto con minori, gli operatori in asili privati assunti da domani in poi. E la scuola? Per gli insegnanti di ruolo e il personale Ata il ministero dell’Istruzione chiede già il certificato penale al momento dell’assunzione. Andrà quindi richiesto per supplenti, bidelli e tecnici amministrativi assunti a tempo determinato. La tempistica. Il ministero della Giustizia assicura che i certificati verranno rilasciati «entro qualche giorno dalla richiesta». Il costo del documento è di 23,08 euro, se è urgente; e di 19,54 se non lo è. Nell’attesa il datore di lavoro potrà richiedere una certificazione sostitutiva in cui il lavoratore dichiara «l’assenza a suo carico di condanne per taluno dei reati di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies e 609-undecies del codice penale, ovvero dell’irrogazione di sanzioni interdittive all’esercizio di attività comportino contatti diretti e regolari con minori».