Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Il cappio di Stato «Ora capisco se la fanno finita»

Fonte: L'Unione Sarda
4 marzo 2014


TESTIMONE. Racconto-choc di una beffa fiscale
 

Cinquantasei anni di Siurgus Donigala. Tra catrame e cemento Agostino Toro bazzica da quando nel '76 si congeda dal servizio militare. Imprenditore come il padre, si è specializzato in questi quarant'anni in appalti pubblici, lavori edili e opere stradali. A metà degli anni Duemila la sua impresa contava 30 persone in busta paga. Ora è disoccupato, fa qualche lavoretto e solo una nipotina di 3 anni, la famiglia e gli amici (compresi gli ex dipendenti) gli danno la forza per superare la disperazione. «Lo Stato mi ha messo la fune al collo e capisco quel pizzaiolo di Napoli. posso dire a ragione che il 90 per cento delle imprese si trova nelle mie condizioni».
La sua colpa ? «Ho sempre pagato i dipendenti. Il mio pensiero è sempre stato questo quando ritardavano gli incassi: prima penso agli stipendi e poi quando arrivano gli arretrati saldo gli enti previdenziali». Il patatrac è arrivato a piccoli passi negli ultimi anni in coincidenza col blocco dei pagamenti delle amministrazioni pubbliche. Risultato: il debito previdenziale dell'imprenditore di Siurgus con Inps, Inail e Cassa Edile è arrivato a 108 mila euro mentre gli enti locali gli devono ancora 200 mila (più Iva) di lavori eseguiti: 10 mila euro Mandas, 33 mila Guamaggiore, 150 mila Nurri. Sulla carta è tutto chiaro e Toro si rimbocca le maniche per trovare una soluzione.
La Cassa edile gli viene incontro per il debito di 10 mila euro. Attiva una procedura di pignoramento nei confronti di un ente debitore (in questo caso il Comune di Nurri) e considera azzerato il debito seppur maggiorato per oneri e spese legali.
Restano l'Inps e l'Inail e qui il cappio prende subito forma. «Mi chiedono un versamento con un F24, altrimenti non mi rilasciano il Durc». Vale a dire il documento che certifica la regolarità dei versamenti previdenziali: un pezzo di carta che per le imprese è l'unico lasciapassare per poter operare.
«Dico loro: andate a prenderli voi i soldi da chi me li deve, così siamo pari e io sono salvo». Niente da fare, anche se gli enti locali riescono a sbloccare i fondi: «Mi sono trovato in questa situazione, Inps e Inail non mi rilasciano il Durc perchè non verso, ma non posso incassare perché gli enti pubblici erogano solo a chi è in regola con questo documento».
Il cappio inizia a stringersi. Primo: la banca chiude subito il conto e nega i fondi per un anticipo che poteva servire per avere un po' di respiro, magari iniziando a pagare a rate gli enti previdenziali e ottenendo il rilascio del Durc. Secondo: entra in scena Equitalia con l'invio a raffica di ingiunzioni di pagamento con interessi, more, etc etc. Il totale alla fine della giostra fa 550 mila euro. In parole povere: il suo debito con lo Stato da 108 mila è salito a quasi 600 mila euro, il suo credito di 200 mila invece resta a quota 200 mila. La macchina infernale di oneri e interessi va solo a senso unico. (a. ma.)