Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Santa Igia, città sepolta due volte

Fonte: L'Unione Sarda
13 febbraio 2014

 

 

 

di Carlo Figari


N on è più un mistero il luogo dove sorgeva Santa Igia, l'antica capitale del giudicato di Cagliari. A trent'anni dalle prime scoperte nella zona di San Paolo più che appassionare, divide storici e archeologi che nel frattempo hanno pubblicato studi e libri sulla base di reperti e nuove fonti archivistiche. Nessuna tesi può dirsi definitiva, però, esistono certezze: sotto i cavalcavia delle strade che congiungono il porto industriale all'aeroporto si trovano i resti della capitale medievale. A provarlo sono le foto dell'epoca: dieci vasti scavi mostrano basi di muri e di abitazioni, un'esedra di un edificio aristocratico, tronchi di colonne, mosaici e lastricati di strade. «Tutti di epoca medievale, cioè del tempo di Santa Igia», afferma lo storico Francesco Cesare Casula, in quegli anni fresco ordinario della facoltà di Lettere. «I nostri archeologi vedono ovunque civiltà nuragica, punica o romana. Se proprio si vogliono spingere avanti classificano i reperti come tardo bizantini. Ma qui siamo ben oltre, a cavallo dell'anno Mille». Un'ulteriore prova? «Un paio di monetine genovesi donatemi da un tale che aveva portato il cane da queste parti. Trovò pure una collana d'oro, ma quella se la tenne».
IL REGNO I genovesi erano gli alleati della regina Benedetta che aveva ereditato il regno di Carali dal padre Guglielmo: in una lettera al Papa aveva promesso che mai avrebbe alienato le sue proprietà. Invece i pisani, nemici dei genovesi per l'egemonia nel Tirreno, nel 1217 si impossessarono del colle dove sorge l'attuale rione di Castello, fondando l'insediamento chiamato Castel di Castro (perché costruito sopra il "castrum" romano, oggi ben visibile alla Cittadella dei musei). Da lì nel 1257 scesero nella piana tra Stampace, Sant'Avendrace, Fangario e San Paolo e attaccarono le mura di Santa Igia. Con i pisani c'erano le truppe dei giudici di Arborea, Torres e Gallura, alleati e imparentati con le nobili famiglie toscane. La città fu distrutta e sopra le rovine fumanti fu sparso sale, a significare che non sarebbe più cresciuto niente. Gli abitanti superstiti si ritirarono nell'interno. Le macerie di Santa Igia scomparvero sotto terra.
COME TROIA «Nella storia del Mediterraneo solo tre città sono state completamente rase al suolo: la Troia di Omero, Pompei e nel medioevo la nostra Santa Igia. Da allora è stata dimenticata per otto secoli sino ai ritrovamenti degli anni Ottanta». Perché Casula oggi riparla della città scomparsa? «Santa Igia è stata sepolta due volte: prima dai pisani e poi dai noi stessi che abbiamo costruito strade e ponti sopra i ruderi, presto ricoperti».
LA DENUNCIA Il docente cagliaritano (originario di Cabras) ha fatto la sua "requisitoria" cogliendo l'invito della sezione sarda dell'Istituto italiano dei castelli, presieduta dall'ingegner Michele Pintus, che martedì lo ha avuto ospite nella Biblioteca settecentesca dell'università. «Questa non è una conferenza, ma una denuncia pubblica», dice Casula: «In altri paesi civili avrebbero aperto inchieste penali per aver nascosto le scoperte e quindi le prove della nostra storia». La direttrice della Biblioteca, Ester Gessa, sottolinea che la situazione dei beni culturali in tutta Italia è allo stremo: «Non ci sono soldi neppure per le fotocopie, gli archeologi vanno con le loro auto nei cantieri. Servirebbe un grande sforzo finanziario perché dai monumenti e dall'arte può arrivare lavoro per i giovani e si può rilanciare il turismo. Soprattutto qui un Sardegna. Ma i politici non parlano di questo, non ci sono programmi concreti. Al massimo si vive alla giornata».
LA STORIA Oggi è dunque impensabile una ripresa degli scavi, ma di certo sotto la vasta area tra lo stagno e la zona di San Paolo si trovano i resti della capitale del giudicato. «Dovremmo dire del regno», rileva Casula: «Ci ostiniamo a chiamare giudici i re che per volontà popolare erano a capo dei quattro regni sardi, statualmente indipendenti e sovrani per 500 anni. Giravano i paesi con al seguito le loro corti, avevano leggi per l'epoca moderne ed erano noti in tutta Europa, come sappiamo dai documenti. Chiamandoli giudici facciamo credere ai turisti che nel medioevo in Sardegna ci fossero solo banditi da giudicare». Casula lancia la sua denuncia, una sorta di eroico don Chisciotte che da trent'anni predica agli studenti e nei convegni la sua verità. «Non è la mia, queste sono le prove», dice mostrando le foto. «Ma qui in sala non vedo alcun archeologo», dice.
Sono trascorsi trent'anni dalla pubblicazione del volume "S. Igia capitale giudicale", edito dall'istituto di storia medioevale" con i contributi del convegno svoltosi nel novembre del 1983 a Cagliari. Con gli scavi archeologici ancora aperti ai margini dei lavori per le costruzioni delle strade del Casic, nell'area dello stagno di Santa Gilla, riporta numerosi interventi firmati dai nomi più prestigiosi dell'ateneo cittadino e delle soprintendenze della provincia. Ciascuno per le proprie competenze in una sorta di enciclopedia dell'argomento. Di recente è uscito il volume "Santa Igia, la città del Giudice Guglielmo" (Condaghes, 2010) dell'architetto Raimondo Pinna. Tutti i saggi portano a una conclusione: Santa Igia (o Santa Gilla, o Santa Gilia, o Santa Cecilia secondo le fonti) sorgeva qui sulla riva orientale dello stagno.