Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Soru lascia:«Ora la parola ai sardi»

Fonte: L'Unione Sarda
24 dicembre 2008

Inutili le ultime trattative, fine anticipata della legislatura

Tenersi liberi per il 15 febbraio: si torna a votare per le Regionali. L’impegno nell’agenda del 2009 lo segna direttamente Renato Soru: «Ridiamo la parola ai sardi », dice al termine del dibattito sulla crisi politica, «confermo le mie dimissioni». Le trattative delle ultime ore non arrivano a niente, e così finisce anzitempo la legislatura: non era mai accaduto in 60 anni di storia dell’autonomia.
LA SVOLTA. Epilogo di una crisi nata dai contrasti in maggioranza sulla legge urbanistica, ma alimentata da mille diffidenze di altro genere tra Soru e parte degli alleati. Che pure ieri si sono scambiati quasi solo parole di miele, fiducia, impegni reciproci. Non è bastato: oltre alla prova di fedeltà dei suoi, il capo dimissionario voleva anche un impegno comune del Consiglio, opposizione compresa, per riportare subito - ieri - in aula la legge urbanistica. Com’era facile prevedere, il
centrodestra non ha dato il via libera. E senza l’ok dei quattro quinti dell’assemblea non era possibile stravolgere l’ordine del giorno.
LA TRATTATIVA. È accaduto nel primo pomeriggio, quando Soru ha preso la parola per la prima volta in aula. Il dibattito sulle sue dimissioni non era ancora niziato, e lui ha aperto uno spiraglio per il ritiro: «Tanti in queste settimane ci hanno richiamato al senso di responsabilità e a una collaborazione bipartisan per la Sardegna: sindaci, sindacati, esponenti autorevoli del centrodestra come il senatore Beppe Pisanu ». Collaborazione che poteva estendersi alla Finanziaria e alla legge elettorale, ma doveva appunto «ripartire da dove abbiamo lasciato», quindi proprio l’urbanistica. Ma la minoranza ha disertato la conferenza dei capigruppo che avrebbe dovuto discutere la proposta soriana: «Non è più il tempo di trattare», ha risposto al presidente il capogruppo di Forza Italia Giorgio La Spisa, l’opposizione non ci sta. Non ha più nulla di interessante da sentire da lei che sia poco trasparente e poco chiaro».
LA ROTTURA. Fine della prova di dialogo. Che pure, all’ora di pranzo, sembrava avere qualche speranza di riuscita, con i contatti del governatore con alcuni esponenti del centrodestra. «Ma non siamo noi i suoi interlocutori, non poteva chiedere il nostro soccorso», ha sintetizzato alcune ore più tardi il capogruppo dei Riformatori Pierpaolo Vargiu. Certo, aver posto come condizione anche l’avallo dell’opposizione ha suscitato il sospetto che il presidente, in realtà, non cercasse l’intesa. Nonostante, in mattinata, tutto il centrosinistra avesse detto sì alle richieste elencate da Soru il giorno prima: Finanziaria blindata, legge elettorale con tetto a 80 consiglieri, taglio dei costi della politica e altro ancora.
IL CENTROSINISTRA. Il perché lo ha spiegato, nel dibattito, Silvio Lai, per conto dell’area non soriana del Pd: «Sarebbe un errore votare adesso e non fare quelle poche cose che vanno ancora fatte per il bene dei sardi. Non c’è un problema di fiducia tra noi e il presidente, né sull’urbanistica né sul resto dell’azione di governo». Concetti analoghi a quelli espressi da Sinistra autonomista, con Renato Cugini (probabilmente al suo ultimo intervento in Consiglio: non dovrebbe ricandidarsi) pronto a dire che «se c’è stato qualche errore sulla legge urbanistica, correggiamolo». Ma ribadendo che «qui non ci sono cementificatori ». Sostegno convinto al presidente anche da Rifondazione e Italia dei valori, e persino i socialisti, da tempo critici verso il governatore, con Pierangelo Masia gli hanno chiesto il ritiro. «Ma se invece si andasse al voto», ha aggiunto il consigliere del Ps, «dopo che tutti ci siamo detti d’accordo per portare a compimento la legislatura, allora mi domanderei qual era il vero interesse».
L’OPPOSIZIONE. Dal centrodestra, per Soru, solo inviti ad andarsene, e a non utilizzare in suo favore le parole di Pisanu: «Non fate sceneggiate napoletane», ha ironizzato Pietro Pittalis (Forza Italia), «tanto le dimissioni sono il frutto di un lucido
calcolo che non c’entra con l’urbanistica ma coi problemi del centrosinistra». «Chi
guida questa Regione ha costruito migliaia di metri cubi in Sardegna, ecco chi è il
cementificatore», ha attaccato Roberto Capelli (Udc). Invece Mario Floris (Uds) e
Silvestro Ladu (Fortza paris) hanno tracciato un bilancio severo dei quattro anni
del centrosinistra.
LA REPLICA. «Io ho chiesto la collaborazione di tutti per fare alcune cose importanti», ha replicato Soru al centrodestra nel suo intervento, «ma vi siete
sottratti». Non è però l’unico motivo della conferma delle dimissioni: riferito a Pd e alleati, il presidente ha ammesso che «a parte richiami generici all’unità, speravo di sentire il sì al Ppr delle zone interne, o quanto sia buono quello delle coste. A questo punto, se non si può continuare al meglio, ridiamo la parola ai sardi. Riconsegno le chiavi della Regione, ma lascio tutto in ordine: un’amministrazione
risanata e senza scheletri nell’armadio ». Gli elettori, ha concluso Soru, non devono
temere vuoti di potere: «Entro 60 giorni, forse il 15 febbraio, potranno decidere
a chi riaffidare le chiavi della Regione. Li ringrazio per l’onore che mi hanno dato
nel 2004, i migliori auguri alla Sardegna». Cala il sipario sulla legislatura, ora è già
tempo di campagna elettorale.
GIUSEPPE MELONI