Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

In piazza sognando la libertà

Fonte: L'Unione Sarda
28 gennaio 2014

 

I migranti chiedono permesso di soggiorno e diritto d'asilo - Manifestazione dei reclusi di Elmas: «No alla prigione degli uomini liberi»

 

Diritto d'asilo, permesso di soggiorno. «Per noi uomini d'Africa». La cantilena diventa urlo quando il megafono grida lo slogan e cento voci lo ripetono, facendolo rimbalzare tra le strade della città, riempiendolo di ritmo, di musica. Come solo le genti d'Africa sanno fare.
IL SOGNO Sono parole di disperazione ma anche di speranza per diventare ragazzi liberi dopo una vita trascorsa dove la libertà è un sogno. Non conoscono ancora una parola d'italiano, si raccontano nelle loro lingue, in francese come in un inglese impastato dai loro dialetti. È proprio questo, spesso, a complicare le relazioni e la comunicazione diretta con la commissione che valuta le loro storie, le loro verità prima di concedere il diritto d'asilo e decretare così la sorte di questi ragazzi che in trecento occupano le camere del Centro di prima accoglienza di Elmas. Il bunker, come lo hanno ribattezzato. «La prigione degli uomini liberi», commenta Federico Carboni del coordinamento dell'Usb, l'Unione sindacale di base, traducendo le parole di Ibou Gassama, senegalese di 18 anni sbarcato a Lampedusa il 7 giugno scorso e da sette mesi al Cpa di Elmas.
IL VIA Sono le dieci e trenta quando il corteo abbandona piazzale Trento per addentrarsi nella città vecchia. Nelson Mandela vive nei nostri cuori. Sisifo is not hospital. I diritti non hanno confine. Non condannateci alla clandestinità . Parlano, i cartelli della protesta. Danzano sollevati verso il cielo dal popolo del centro di prima accoglienza partito dalla Nigeria, dal Gana, dalla Sierra Leone, dalla Liberia, dal Senegal, dal Gambia. Ragazzi che hanno attraversato l'Africa lungo un tragitto irto di pericoli. Tanti non ce l'hanno fatta e sono tornati idietro. O sono morti. Hanno atteso a lungo nei campi-lager del deserto libico per poi lasciarsi l'Africa a poppa, dietro natanti impossibili, rinchiusi nei barconi della disperazione. E non proprio tutti, ancora una volta, ce l'hanno fatta.
LA CASA In trecento ora sopravvivono a Elmas. Una mini saponetta per lavarsi. «Dobbiamo farcela bastare per una settimana. Mignon come la dose di shampoo, come il tubetto di dentifricio formato tascabile», traduce Salvatore Drago dell'Usb. È quasi tutto qui, insieme a lenzuola di carta che resteranno sul letto quindici-giorni-quindici, il materiale messo a disposizione dalla coop Sisifo (proprio quella del Sisifo No hospital urlato nei cartelli) che gestisce l'appalto di diversi centri d'accoglienza in Italia. Elmas compreso. Un euro e cinquanta al giorno, dieci sigarette. «Molti di loro, così mi hanno riferito - racconta Carboni - quei pochi spiccioli li mettono da parte per quando, ottenuto il permesso di soggiorno, dovranno acquistare le marche da bollo, una da 46 euro e l'altra da 16». Un permesso difficile da ottenere viste le decisioni della commissione che hanno costretto L'Unione sindacale di base a schierare i suoi avvocati per l'assistenza legale e l'avvio dei ricorsi. Troppi i casi in cui non si è riusciti a dimostrare di essere un perseguitato, uomo fragile in un Paese dove i diritti umanitari sono carta straccia. La distinzione tra profughi e clandestini non ammette confusione. «Siamo tutti rifugiati», tuona la piazza.
Andrea Piras

Le speranze
degli uomini
d'Africa

Le testimonianza

 

Felpa mimetica, guanti color petrolio e un cartellone: Nelson Mandela vive nel mio sogno di libertà . Tumen Ceesay, ha 24 anni e gli occhi tristi. «Ho perso mio padre in guerra. In Mali non si può vivere. Sono stato costretto a scappare». È arrivato a Cagliari il 16 giugno con un sogno: «Un lavoro dignitoso». Lo stesso di Christoper Emoabibo di un anno più piccolo. Il cappellino calcato sulla fronte coi colori della Nigeria. «Mi manca, ma c'è troppa povertà». Quattro mesi fa è salito su un barcone, la partenza dalla Libia, sette giorni in mare, lo scalo a Lampedusa e l'approdo in città. La storia di James Osaro, 25 anni e la passione per l'hip-hop, è anche più dolorosa: «I miei parenti sono morti». Spalanca gli occhi: «Voglio i documenti».
Sa. Ma.