Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Non è più una città per negozi

Fonte: L'Unione Sarda
15 gennaio 2014

 

Un mare di serrande abbassate, muri insormontabili per avviare un'attività
I proprietari provano in ogni modo a tenere alti i prezzi dei locali commerciali -

 

Il potere d'acquisto delle famiglie arretrato (fonte Nomisma) ai livelli di 25 anni fa; il Pil calato, dal 2007, dell'8,5 per cento, i consumi del 7,6; il boom delle compravendite online (lo scorso 26 dicembre, in Gran Bretagna, hanno superato quelle tradizionali, offline) che si aggiunge all'ormai storica concorrenza della grande distribuzione nelle periferie. C'è tutto questo, dietro il cimitero commerciale di Cagliari, dietro la lugubre sequenza di serrande abbassate, vetrine vuote e cartelli “Affittasi” in quelle che un tempo erano le vie dello shopping del capoluogo isolano. Un patrimonio di competenze che perde pezzi, giorno dopo giorno, ormai da quattro anni: e ogni serranda abbassata è una famiglia che magari fino agli anni Novanta campava bene e ora paga salatissimo il rischio d'impresa. Fino al dramma del negoziante che sette mesi fa si è tolto la vita.
FATTORE COSTI Sopravvivere è sempre più difficile, ma anche solo provarci ha costi elevatissimi: la pressione fiscale, certo, ma anche i prezzi dei locali commerciali, con punte di 44 euro al metro quadro nelle zone più appetibili: Manuela Lecca dell'agenzia immobiliare Promos mette via Manno in pole position (forse la strada cittadina dove i morsi della crisi hanno lasciato segni meno profondi), a seguire via Dante (dove pure sono chiusi 30 dei 120 locali commerciali) e dietro via Garibaldi. Sul mercato, aggiunge Veronica Ciancetta della Monte Carlo, si muovono prevalentemente le piccole superfici: dai 40 ai 70 metri quadri. Al di sopra è quasi tutto fermo.
RICHIESTE Non sorprende. I proprietari tentano di non scendere coi prezzi nonostante debbano far fronte a una tassazione sempre più asfissiante (vedi Imu e Tares: il sindaco Massimo Zedda sosteneva l'altro giorno che il famigerato spread fra i buoni del tesoro italiani e i bund tedeschi sia sceso grazie alle lacrime e al sangue dei cittadini, coi sindaci chiamati a fare da sostituto d'imposta per conto del Governo): molti hanno pagato il prezzo del fallimento degli ex affittuari, che hanno lasciato crediti a volte ingenti (16 mila euro per un locale in via Dante) difficilissimi da recuperare, e ormai quasi tutti chiedono, oltre al tradizionale deposito di una cauzione corrispondente a due mensilità anticipate, una fideiussione bancaria. Un altro ostacolo per chi vorrebbe intraprendere (o riavviare) un'attività commerciale in centro: l'accesso al credito resta difficoltoso.
L'AMMINISTRATORE «La situazione è tragica, disperata», racconta Pierpaolo Marras, amministratore di un locale commerciale al 35/37 di via Dante, 110 metri quadri che hanno ospitato per anni un negozio d'abbigliamento e, per un breve periodo, uno di prodotti a 99 centesimi. Rifinito, soppalcato, garage sul retro, un bagno, condizionamento: insomma, top level . Eppure sfitto. Da due anni. «I vecchi inquilini - racconta Marras - pagavano 3.500 euro al mese. Ora siamo in trattative per 2.800 ma è complicato. Ho avuto delle scottature, chiedo la fideiussione ma molti, come ne sentono parlare, scappano. La situazione è tragica, disperata. C'è anche chi ha problemi a versare la cauzione: la gente non ha quattrini, troppi si lanciano in imprese in cui loro stessi sono i primi a non credere».
Marco Noce