Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Quel palazzo è da demolire» Pronte le richieste di danni

Fonte: L'Unione Sarda
19 dicembre 2013

 

- Comune e Regione nel mirino degli inquilini

 

Il palazzo è abusivo perché la Corte Costituzionale ha bocciato la legge regionale che ha esentato dalle misure di tutela paesaggistica le zone umide.


Scricchiolano le pareti del palazzo di via Gallinara 18, al Quartiere del Sole, ora che la Corte Costituzionale ha bocciato, in quanto «costituzionalmente illegittima», la legge regionale del 2012 che avrebbe esentato dalle misure di tutela paesaggistica le zone umide della Sardegna. Come lo stagno di Molentargius, da cui l'edificio in questione disterebbe meno di 100 metri. Il pericolo, oggi più che mai concreto, è che le ruspe arrivino presto a demolirlo, buttando giù 10 appartamenti abitati ormai da 5 anni e altri 7 già acquistati che probabilmente, stando alla legge, non verranno mai vissuti.
«CHIEDEREMO I DANNI» Carla Uras è una delle prime inquiline del palazzo contestato fin da subito dai vicini per aver tolto la visuale sul panorama: «Tramite i nostri avvocati chiederemo il risarcimento dei danni alla Sovrintendenza ai Beni Culturali, alla Regione e al Comune», commenta. E i condòmini puntano il dito in particolare contro il Comune, «per non aver chiesto la sanatoria nell'unico anno a disposizione».
PRONTO IL RICORSO Incredulo anche il costruttore, Franco Cardia: «È una buffonata, mi sento vittima di un sistema tutto italiano. Il Tar mi dà ragione, idem la Procura, i giudici attestano la mia buona fede nell'operato: coinvolgeremo le associazioni di categoria, le imprese e ci appelleremo alla Corte di Giustizia europea».
Soddisfazione di Legambiente per la recente sentenza sulla «sconcertante legge regionale» che però, ora, rischia di abbattersi su altri 7 mila ettari edificati nell'Isola. Forse saranno demoliti interi quartieri, come Quartello (a Quartu), a Cabras e ad Alghero, ma potrebbero essere ricostruiti tali e quali, stando al nuovo Piano paesaggistico.
LA RICOSTRUZIONE La mannaia si scagliò su di loro, ma anche sull'imprenditore Franco Cardia, titolare di Progetto Casa Costruzioni srl, il 16 aprile 2012, quando il Consiglio di Stato dichiarò abusivo il palazzo in quanto sprovvisto dell'autorizzazione paesaggistica indispensabile per distanze inferiori ai 300 metri dalle zone umide. Nulla osta che l'ingegnere, tuttavia, richiese per iscritto alla Regione prima di edificare (era il 2007), consapevole della necessità del documento: l'amministrazione ritenne però che non fosse indispensabile, e così il Comune reagì di conseguenza, rilasciando all'impresa la concessione edilizia. Qualche mese dopo, il 12 ottobre 2012, la Regione chiarì con una legge la sua posizione: “La fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia è da riferirsi esclusivamente, come in tali disposizioni già stabilito, ai laghi naturali e agli invasi artificiali, e non si applica alle zone umide”.
L'ILLUSIONE Un respiro di sollievo, per i 17 proprietari, che durò, però, poco più di un anno. Perché oggi, quell'interpretazione dell'articolo 142 del decreto legislativo 22 gennaio 2004 (il quale disciplinava la tutela dei beni culturali e del paesaggio), è praticamente carta straccia: «Si è apportata una riduzione dell'ambito di protezione riferita ad una categoria di beni paesaggistici, le zone umide, - parafrasando la sentenza - senza che ciò sia imposto dal necessario soddisfacimento di preminenti interessi costituzionali. E ciò, peraltro, in violazione di quei limiti che la giurisprudenza costituzionale ha ravvisato alla portata retroattiva delle leggi». Insomma, resta valido il verdetto della Cassazione. Che getta nello sconforto 17 famiglie.
Michela Seu