Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Mercatino di viale Trento, non ci sono più confini

Fonte: La Nuova Sardegna
21 ottobre 2013

 
Bancarelle e negozi improvvisati hanno occupato non solo piazzale e strada arrivando ben oltre le vie limitrofe. I “professionisti” sono però pochi 
 
 
 
 
 



CAGLIARI Il mercatino di viale Trento e dintorni non c’è più. Tranquilli, non nel senso letterale, ma solo perchè ha cambiato nome e modo. Da luogo privilegiato per ambulanti e venditori, per lo più stranieri di mercanzia varia, è diventato un vero “flea market”, un mercato delle pulci che nulla ha da invidiare come tipologie di prodotti a quelli delle grandi città metropolitane. Certo, manca ancora la tipizzazione che altrove caratterizza i diversi mercatini, ma quello che è evidente è che sono cambiati i venditori:non più ambulanti, ma persone comuni, che mettono in mostra le loro chincaglierie, la loro roba privata, dai dischi, all’abbigliamento, dalle tazze ai piccoli elettrodomestici. Ormai il piazzale di viale Trento e le strade che portano al parcheggio, sono stretti per chi decide di passare alcune ore a vendere quello che ha. E si occupano le vie vicine. Come per un passa parola, si inizia alle 8, 8.30 ma alle 13 e 30 non c’è quasi più nessuno. Rimangono solo i segni del passaggio di migliaia di acquirenti e di tanti venditori, che non usano sempre i cassonetti per gettare i rifiuti. L’altro elemento che colpisce è l’incremento esponenziale di coloro che vanno su piazza: sino allo scorso anno, non più di cento, adesso il numero è quadruplicato, come confermano anche i vigili urbani che monitorano sempre con attenzione e discrezione il mercatino. Qualche volta infatti è questo il luogo preferito di ricettazione di merce rubata; e non a caso tante vittime di furti di oggetti di poco conto vengono qui la domenica a cercare di riconoscere le loro proprietà, per poi chiamare le forze dell’ordine. Ma l’aspetto più particolare di questo originale mercato delle pulci sono le storie di chi vende: pensionati, come Antonio U, 66 anni, che vende cartoline antiche, raccattate tra amici chissà come, o una giovane coppia, che cucina panade, il piatto tipico asseminese e le vende, con un buon riscontro, ancora calde. Ma quello che più impressiona sono gli oggetti messi in vendita: non sono merce, sono pezzi di vita, sono appartenuti agli stessi venditori, o alla loro famiglia allargata, e servono a mettere su i 50 euro che per una settimana possono cambiare l’essitenza. «Questi sono i piatti regalati dai parenti per il mio matrimonio – ammette Francesco G. 36 anni, un figlio di due, disoccupato e con l’assegno del Comune –cosa me ne faccio? Se li vendo ci pago la bombola per tre mesi. Non è che vengo qui ogni volta. Mi basta fare i soldi che servono». Appunto.