Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Vita in un capannone

Fonte: L'Unione Sarda
27 dicembre 2012


VIALE ELMAS. Le condizioni estreme di una famiglia di origine rom

Due bimbi di 5 e 3 anni dormono per terra

Da due mesi vivono in viale Elmas, in un capannone dismesso. Al buio, patendo la fame e il freddo. Non possono lavarsi né andare in bagno, per cui si fa tutto all'aperto. Non c'è elettricità né acqua corrente. Mancano perfino porte e finestre, al punto che di notte la temperatura interna è identica a quella esterna. I componenti della famiglia, di etnia Rom, sono sette: cinque adulti (tre donne e due uomini) e due bambini. Il maschietto ha tre anni, la femminuccia cinque. Non vanno a scuola. Dormono per terra e per scampare all'assideramento si riscaldano (o almeno ci provano) con un braciere di fortuna, che altro non è che un cestino portarifiuti in cui bruciano cartacce e sterpaglie. «Siamo arrivati in Sardegna quattro mesi fa per sfuggire alla povertà e all'inverno rigido del nostro paese», si presenta Cristina, la mamma, che non parla bene l'italiano ma si fa capire, «nei primi due mesi abbiamo vissuto in una casa diroccata, sempre in viale Elmas, poi siamo stati cacciati e ci siamo sistemati qui».
I MATTONI Credevano di aver trovato l'America, invece stanno peggio di prima. «In Romania almeno avevamo una casa di mattoni», racconta la donna mentre mostra foto ingiallite della sua famiglia (all'epoca felice) scattate in patria, «qui non abbiamo niente e stiamo morendo di fame». Cristina ha 34 anni ed è già nonna. «Ho quattro figli, di cui due con me e gli altri in patria. La primogenita, che ha 11 anni e vive in Romania, mi ha dato un nipotino». Gli altri adulti nel capannone, tra topi, zecche e rifiuti, sono ugualmente trentenni, ad eccezione di un'anziana. «Di giorno elemosiniamo», prosegue nel suo racconto Cristina, «viviamo di quei pochi euro che gli automobilisti ci regalano. Alcune brave persone hanno capito che non ce la passiamo bene a ci hanno portato ai semafori coperte che utilizziamo per i bambini».
LUCE Sono le 20,30 e dentro il capannone il buio è pesto. L'intervista si fa con la torcia elettrica. L'aria è irrespirabile per il fumo del braciere. All'esterno l'erba cresce ad altezza d'uomo e due prostitute di colore attendono clienti. «Sogniamo una sistemazione migliore», lancia l'appello Cristina, «se qualcuno può aiutarci siamo qui». Il caso è venuto fuori grazie a un fotoreporter freelance, Alessandro Congia, che quasi ogni sera si reca in viale Elmas portando da mangiare. Anche gli Angeli di Sardegna stanno aiutando la famiglia.
«Una situazione terribile», riferisce il vicepresidente, Giancarlo Murgia, «quando li abbiamo visti la prima volta non avevano neanche scarpe. Abbiamo informato il consigliere comunale Paolo Casu, che ha già allertato i Servizi sociali». L'esponente del Psd'Az, responsabile della onlus Cagliari Solidale, ha presentato un'interrogazione e si è attivato per aiutare Cristina e la sua famiglia.
Paolo Loche