Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Al pranzo della solidarietà

Fonte: L'Unione Sarda
27 dicembre 2012


CARITAS. In viale Sant'Ignazio con i commensali della tavolata allestita dai volontari

L'altro Natale fra chi ha perso il lavoro e persino la casa

Otto anni fa ha perso il lavoro, poi la famiglia. Dopo poco anche la casa. Mario, 54 anni, cagliaritano, tiene le briciole della sua vita in uno zainetto blu acceso. Lo porta sulle spalle, dentro uno spazzolino, una felpa consunta, e un paio di calzettoni di lana che di inverni ne hanno conosciuto troppi. C'è un Natale fatto di tavole imbandite e colori scintillanti, di tovaglie ricamate, porcellane e abiti eleganti. E poi ce n'è un altro che di scintillante non ha nulla e conserva solo un mucchio di cocci rotti. È difficile descrivere il pranzo di Natale alla Caritas a parole. È fatto di sguardi, disillusi e chini sui piatti, di assordanti silenzi rotti solo dal vociare dei volontari, e di tratti induriti da vite ruvide che di gradite sorprese ne hanno offerto poche.
L'ALTRA FESTA Ha gli occhi azzurro cielo, Lucia. Dietro si legge la sfilza di batoste di cui porta le tracce indelebili sul viso scavato. È stata sposata, ha due figlie poco più che trentenni che non vede da anni. «Loro non sanno che sono qui», spiega con tono disilluso. E non sanno nemmeno che la madre vive ogni giorno affidandosi alla carità della gente. Per strada, sotto il sole cocente o la pioggia scrosciante. Dietro il cancello di ferro a metà di viale Sant'Ignazio, dopo pochi passi, appare una realtà distante anni luce da quella della gente ben vestita che nella mattinata tiepida passeggia per strada.
IMMIGRATI E DISOCCUPATI Ci sono tunisini, ucraine e cinesi. E poi rom, senegalesi e anche cagliaritani. Thomas ha 49 anni e viene dal Marocco. «È triste passare il Natale qui, ma è meglio di niente». È arrivato a Cagliari nel '90, da allora vive di lavoretti saltuari. Accanto a lui c'é Mario, 64 anni, diciotto dei quali trascorsi in Germania. «Lavoravo in una fabbrica di bulloni». Poi la fabbrica è fallita, è tornato a Cagliari e ha trovato la sua casa di via Seruci occupata. Ora dorme in macchina e per mangiare va alla Caritas. Ogni giorno, a pranzo e cena. Non solo per Natale.
INTORNO A UN TAVOLO Gli ospiti alla mensa stanno seduti nello stesso tavolo senza sapere niente l'uno dell'altro. Estranei accomunati da un'amara condanna: la povertà. Poco distante c'è Giuseppe col suo passato da tossico. «Iniziai a tredici anni, per gioco. Da ventitré ne sono uscito», racconta con orgoglio. Accanto a lui Cestemeno, un uomo imponente dagli occhi buoni. È bulgaro e ha 55 anni, un passato da tuttofare al circo, poi come aiutante in un'officina meccanica. «Ora cerco di arrangiarmi con qualche lavoretto, ma non è facile». L'invalidità del quaranta per cento gli pesa, e anche vivere in un garage a Selargius. Per trent'anni Roberto, cinquantenne cagliaritano, ha fatto il decoratore edile. Poi lo hanno licenziato e nel '98 la mazzata del divorzio. Adesso vive galleggiando. La sala di pochi metri quadri è piena. Malloreddus, agnello e affettati. E c'è anche la frutta e il dolce. Dietro, la mano generosa di una grossa multinazionale sarda che ha scelto di mantenere l'anonimato. D'altronde la carità quando la si fa non serve gridarla al mondo. Perderebbe valore. E poi c'è il lavoro dei tanti volontari della squadra di don Marco Lai, direttore della Caritas cittadina. Sono schivi. Ricusano ogni forma di protagonismo ma non lesinano sorrisi agli ospiti del giorno.
STILE E POVERTÀ Paolo, 72 anni, cagliaritano, ha l'aspetto elegante ma siede tra i poveri. Lui è la dimostrazione che per essere signori i soldi non servono. Abito gessato, grigio scuro, coppola intonata, camicia e cardigan a v. Tutto studiato nel dettaglio. «Mi è rimasto lo stile», dice con tono mesto. Da benestante a povero, un tempo faceva il sarto, ora cerca di farsi bastare i 520 euro di pensione. Un matrimonio fallito alle spalle, tre anni fa il divorzio, e sei figli tra i trentuno e i quarantun anni. «Si è tenuto tutto mia moglie. La bilancia della giustizia pende sempre dalla parte delle donne». Andrea Giagu ha girato il mondo. «Lavoravo come receptionist negli alberghi». Adesso è invalido civile e ogni giorno litiga con le poche centinaia di euro di pensione. Ore 13.30 , il Natale è finito. Cala la penombra sugli invisibili che s'incontrano in ogni angolo della strada. E che far finta di non vedere è decisamente più comodo.
Sara Marci