Rassegna Stampa

Sardegna 24

Grazie agli inglesi ho trovato l’America

Fonte: Sardegna 24
26 settembre 2011

Partire per ottenere popolarità. È successo anche alla Melis oggi creativa di successo

di CARLOTTA COMPARETTI sardegna@sardegna24.net

Uno scrittore siciliano, molti anni fa, l’aveva chiamata Isolitudine. “Daquesto siamodominati. - aveva detto - Da una parte ci sentiamo rassicurati dal mare che ci avvolge come un ventre materno, dall’altra amputati di ciò da cui siamo esclusi”. Isolamento e solitudine, voglia di partire alla scoperta di ciò che c’è di là del mare. E poi, all’improvviso, la nostalgia. Come è successo a Carolina Melis, quindici anni all’estero come designer, illustratrice e regista di film di animazione, e poi il ritorno in Sardegna. «Quindici anni fa sono partita in Inghilterra per studiare danza e coreografia. Mi ha sempre affascinato la composizione coreografica e l’animazione. Misono laureata alla Central Saint Martins di Londra,unambiente creativo dove ho realizzato i primi video musicali low-budget, spot pubblicitari, corti. In questa cornice, il mio primo incarico come regista di animazione». Come nascono i suoi lavori e come prendono forma? Di solito parto da tre o quattro immagini e poi ragiono sul come dar loro vita. Quali transizioni utilizzare, quale altra immagine potrebbe nascondersi dietro alla prima e così via, è un po’ un gioco di fantasia. Il bello dell’animazione è proprio che si può fare di tutto. Nei miei lavori, c’è un legame fortissimo tra immagine e musica. L’esperienza della danza mi ha lasciato un senso del tempo molto preciso. Lavorare sui bit, catturare l’istante preciso di ogni variazione o ripetizione è molto importante. Mi ispiro molto al mondo dell’arte, alle suggestioni di Kandinsky. Mi piacciono i colori primari, il nero. E i colori pastello, che sono infatti le combinazioni prevalenti nei miei lavori. Molti dei lavori di animazione che faccio sono realizzati in modo interamente manuale. Come il mio ultimo film. Anche lo spot per Prada, per esempio. Unlavoro durato 10 settimane, con cinque disegnatori, per ottenere un prodotto di 20 secondi in tutto. Nel tridimensionale, invece, si costruisce ogni singolo oggetto dotandolo di una propria struttura. Nello stessomodosi costruisce l’ambiente, dove, una volta piazzate le luci, si fanno girare le telecamere. Sono due approcci diversi. Trovarsi al posto giusto, nel momento giusto. Sarebbe successo in Italia? Difficilmente.ALondra, dopoilmaster, ho trascorso un’estate a propormi alle agenzie, con una manciata di esperienze. Eppure dal niente, senza conoscenze, senza accozzi, ho ricevuto delle proposte per dei lavori grossi. Ripenso al mio incarico per la BBC, che è un’istituzione in Inghilterra. Il terzo canale della BBC ogni cinque anni cambia look e nel 2009 chiamarono me. Mi ricordo che entrai in una stanza, con tutti i pezzi grossi pronti a sentire la mia proposta. Ero imbarazzata, comequando racconti una barzelletta di fronte a degli sconosciuti. Proposi di creare, stilizzandolo, una sorta di tubo. Dal giorno dopo ero al lavoro. L’equivalente in Italia? Impossibile. L’estero per completarsi e crescere. E poi, il richiamo dell’Isola. Ad un certo punto, mi è venuta una voglia pazzesca di tornare in Sardegna, di lavorare con gli artigiani. In concomitanzacon l’uscita diunbando dell’Isre per corti in cui proposi Le fiamme di Nule, che presenterò martedì al Civico.Unasorta di favola che nasce da una gita a Nule dove ho conosciuto le tessitrici e la loro incredibile arte manuale, che per certi versi somiglia all’animazione. Rapita da questa tradizione, ho raccontato per immagini, un concorso di tappeti che a Nule si tiene realmente. Da lì mi è stato chiesto di disegnare dei tappeti che le tessitrici avrebbero realizzato. E in più, al concorso di tappeti indetto quest’anno, mi hanno chiesto di far da giuria. Strano come si chiudono i cerchi.