Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Spiaggia massacrata per anni

Fonte: La Nuova Sardegna
26 settembre 2011

Un disordine degradante, lo scempio del ripascimento Il mercato delle concessioni scadute a prezzi da capogiro



L’ordinanza risale al maggio 2009 ma ai gestori hanno potuto aprire i locali per altre due estati

CAGLIARI. Dei baretti storici è rimasto solo un nome, un ballo del secolo scorso: Twist. Chi ha cinquant’anni ricorda quando in quel lembo di Poetto suonava il juxe-box, coi vinili a quarantacinque giri di Edoardo Vianello e Rita Pavone. Erano gli anni Sessanta e sul lungomare sgombro dalle automobili sferragliavano i tram, i ragazzini mezzo nudi agrappati a penzolare pericolosamente sul retro: ogni tanto ne rotolava uno sui binari, ma le venti lire risparmiate sul biglietto bastavano per due bustine di calciatori Panini o un pacchetto di chewing-gum con dentro il tagliandino del concorso a premi: non hai vinto, ritenta.
Niente aree attrezzate: sulla sabbia si palleggiava coi Supertele e i River Plate di gomma, per giocare a tamburelli bisognava arroventarsi i piedi nel retrospiaggia. I baretti erano capanni di legno grezzo verniciato con la pennellessa e dal margine dello stradone non si vedeva il mare: solo una distesa di casotti multicolori, immersi nelle dune di sabbia candida, soffice come borotalco. Di moda in quei tempi c’era solo la povertà e nell’immaginario delle famiglie un casotto sgangherato valeva una seconda casa. Due date hanno cambiato in altro quel luogo immacolato: il 1986, quando un comandante della Capitaneria che si chiamava Battaglia rase al suolo il villaggio di legno nato e cresciuto per la comunità della spiaggia. Poi il 2002, quella primavera infausta in cui una draga arrivata dall’Olanda vomitò sull’arenile storico dei cagliaritani 380mila metri cubi di fanghiglia nerastra, che asciugandosi trasformò il Poetto in un anonimo bagno dell’Adriatico.
Quella zattera a motore aveva il nome di una tragedia greca: Antigoon. E a dare un contributo fondamentale allo scempio del ripascimento fu un assessore provinciale che nella vita d’ogni giorno faceva l’ottico: col tempo e i raggi solari - disse - la sabbia tornerà bianca. Nove anni dopo i cagliaritani stanno ancora aspettando.
Tra processi penali, condanne e prescrizioni, cause civili, ordinanze e dibattiti furibondi fra tecnici e ambientalisti il Poetto è quello che si vede ora: un’immensa distesa di materiale grigiastro, piatta e dura come una discarica di periferia. E a trasformare la teoria leggera dei vecchi baretti ci hanno pensato i gestori d’oggi: con l’amministrazione comunale che guardava altrove, i piccoli chioschi d’un tempo sono diventati agglomerati informi di pannelli, cemento, plexiglas e legno. Molti sono grandi, alcuni inutilmente obesi, tutti cresciuti in barba alle norme urbanistiche e paesaggistiche approfittando di un disordine degradante che ha ingoiato ai primi anni del Duemila il delicatissimo compendio marino. Tra la spiaggia di Quartu e quella di Cagliari corrono piste ciclabili diverse, quattro tipi di illuminazione con fughe tecnologiche imbarazzanti, piazzette di cemento e frammenti di strada asfaltata che conducono al nulla. Un labirinto dove a perdersi è soprattutto la ragione. Avanti, verso Quartu, hanno costruito muretti di pietra che non si capisce quali confini segnino: sembra un pezzo di Barbagia vista mare. C’è pure una arena marrone scuro, ora pietosamente mascherata di rampicanti: nessuno sa spiegare a cosa serva. In questo risiko di bruttezze s’erano infilati una decina di ristoranti abusivi, le baracche dei ricciai: abbattuti l’anno scorso ma solo grazie all’intervento della magistratura. Per questo chi di fronte alla demolizione dei baretti parla di fine d’un epoca dovrebbe spiegare a quale epoca si riferisce.
Il Poetto è morto da anni, massacrato da una politica incapace di difendere anche il proprio bagnasciuga. Da amministratori che pensano a piani casa, golf e volumetrie ma in sessant’anni di dopoguerra non sono riusciti a pianificare un litorale fra i più belli d’Europa, lasciando che a gestirlo e a deturparlo fossero venditori di birra e organizzatori di danze sulla spiaggia, quelli che oggi credono di esserne i padroni.
Gli stessi che negli anni hanno comprato e venduto concessioni ormai scadute a prezzi da capogiro: tra gli atti del procedimento penale svetta un passaggio di proprietà da 400mila euro, cifra che da sola lascia immaginare quali siano i giri d’affari estivi in questo Poetto abbandonato al proprio destino, una ricchezza ambientale di tutti affidata al commercio di pochi. Ora il futuro della spiaggia è nelle mani dell’amministrazione Zedda, impegnata a pianificarlo e a ridare ordine dove in decenni c’è stato solo arbitrio. (m.l)

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