Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Vittorio Gallese e i neuroni specchio: la ragione è emozione, il corpo è mente

Fonte: L'Unione Sarda
28 aprile 2011

L'EVENTO. Dopodomani a Cagliari, al Teatro Massimo, il convegno internazionale promosso dall'Iefcostre

Una scoperta che apre una nuova alleanza tra psicoterapia e neuroscienze
Sapete quando siamo davvero irrazionali? Quando agiamo convinti di non esserlo, e crediamo di non farci condizionare dalle emozioni che ci provengono dagli altri. Ma noi non siamo computer, il nostro cervello non è un elaboratore di dati che provengono dall'ambiente, è parte integrante di quell'ambiente. Proprio per questo, tanto più crediamo di agire in base a modelli di razionalità, tanto più siamo “irrazionali”. La mente non è svincolata dalla corporeità, la ragione dal sentimento, ma al contrario il corpo è parte integrante di quei movimenti che descriviamo come “mentali”.
A dare un colpo ulteriore alle teorie del cognitivismo classico - «stelle morte che continuano a mandare luce anche quando non ci sono più», le definisce Vittorio Gallese - è la scoperta dei neuroni specchio, che è stata per la psicologia (come dice un illustre neuroscienziato indiano) quello che il dna è stato per la biologia. Protagonista di questo fondamentale passo avanti, negli anni Novanta, è stato il team di neuroscienziati dell'Università di Parma diretto da Giacomo Rizzolatti che ha proprio in Gallese un punto di riferimento fondamentale.
Il neuroscienziato ha individuato come alcune aree del nostro cervello, che hanno il compito di guidare il movimento, siano dotate di neuroni che si attivano sia quando si compie un'azione sia quando si osserva un altro mentre la compie. Il neurone di chi osserva, insomma, rispecchia il comportamento di chi viene osservato, come se stesse compiendo l'azione egli stesso. Questi neuroni, individuati nei primati e nell'uomo, hanno una importanza fondamentale per una nuova alleanza tra psicoterapia e neuroscienze. E sarà lo scienziato dei neuroni specchio, dopodomani al Teatro Massimo di Cagliari, uno dei protagonisti di una giornata memorabile organizzata dall' Iefcostre (Istituto Europeo di Formazione Consulenza Sistemica e Terapia Relazionale, riconosciuto dal Ministero dell' Università), di cui è presidente il neuropsichiatra e psicoterapeuta Luigi Onnis. Durante il convegno, che si aprirà in mattinata per concludersi nel pomeriggio, si parlerà di intersoggettività e neuroni specchio, e si tracceranno le linee di un appassionante rapporto di scambi e confronti tra le due discipline. Con Gallese ci sarà Daniel Stern, psichiatra e psicoanalista di fama mondiale.
Professor Gallese, la scoperta dei neuroni specchio può rappresentare un colpo alla separazione cartesiana corpo-mente che tanto ha condizionato il nostro modo di pensare? Insomma, Spinoza, con la sua mappa delle emozioni, è più attuale di Cartesio?
«Sì, senz'altro. Se questa concezione di una mente svincolata dalla corporeità lascerà il campo all'idea di un corpo che nella sua espressività è parte integrante di quei contenuti “mentali”, si apriranno orizzonti molto nuovi. Quanto alla filosofia, li perlustra da tempo. Lei cita Spinoza, io citerei Husserl, la fenomenologia, e il duplice aspetto del corpo: che è oggetto materiale, Körper, ma anche Leib, espressione dell'esperienza vitale. Ormai la convinzione per cui solo risalendo alle idee si può spiegare compiutamente il comportamento sembra fare acqua da tutte le parti. Il cognitivismo classico mi fa pensare a quelle stelle morte che continuano a mandare la luce anche quando non ci sono più. Diciamo che i neuroni specchio, (ma non solo loro) approdano a risultati che suggeriscono come questa tripartizione tra azione, percezione e cognizione non regga più. I neuroni specchio dimostrano che la percezione è una modalità dell'azione e che questa integrazione tra aspetti dell'azione e della percezione svolge un ruolo cruciale nei nostri processi cognitivi».
Spesso si parla di Quoziente Intellettivo riferendo l'intelligenza alla pura logica, ma l'intelligenza è anche altro, è emozione...
«Certamente, il contributo di Antonio Damasio e della sua scuola dimostra come il nostro comportamento diventa veramente “irrazionale” proprio quando viene meno il connotato emozionale. Ma anche due grandi economisti come Daniel Kahneman e Amos Tversy dimostrano come anche le nostre decisioni non siano mai frutto della pura razionalità ma siano condizionate da come ci sentiamo valutati dall'altro».
Siamo simili ai nostri genitori per via del dna, ma quanto la gestualità delle persone con cui viviamo, l'empatia che creiamo con loro, è più forte della voce dei geni?
«Qui mi verrebbe da dire che la distinzione netta tra innatismo geneticamente determinato e apprendimento è messa in discussione quando si dimostra che l'espressione di un gene è condizionata non solo dal gene, ma anche dalla progenie. Diciamo che la teoria dell'evoluzione sta recuperando elementi del lamarckismo, nessun direbbe che la giraffa ha il collo lungo perché a ogni generazione le allungavano il collo, ma non siamo molto lontani... Nella misura in cui i neuroni specchio sono fondamentali per le nostre competenze empatiche, si può dire che a parità di predisposizione genetica uno se la gioca sul fronte dell'ambiente umano in cui agisce».
Siamo esseri sociali sin dal ventre materno?
«Il comportamento dei gemelli in utero è un'ulteriore dimostrazione che il nostro sistema motorio si sviluppa tanto precocemente da permettere in una fase prenatale di organizzare i movimenti in modo diverso a seconda di dove siano diretti. Una gravidanza gemellare dimostra quanto siamo predisposti all'interazione sociale. La vecchia intuizione di Martin Buber per cui nel principio è la relazione non è una metafora, è un dato di fatto».
Neuroni specchio e condizionamento politico: si può ipotizzare di imporre una dittatura attraverso un processo indotto di rispecchiamento? E i mass media stanno uniformando le nostre emozioni?
«Stiamo attenti a non fare semplificazioni. Io non vedo connessione diretta tra l'esposizione alla violenza attraverso i media e comportamenti conseguenti nella vita quotidiana. Non dimentichiamoci che viviamo in una società meno violenta rispetto a quattro-cinque secoli fa, e allora non c'era la tv. Il discorso è più complicato, ed è vero che una costante esposizione a certe tematiche può portare a fenomeni di desensibilizzazione. E poi, senza tirare in ballo i neuroni specchio, è altrettanto vero che la cornice di significato che viene proposta può essere condizionante. Ma questo non è una novità, la manipolazione dell'opinione pubblica è vecchia quanto l'Ars retorica, bastano Quintiliano o Cicerone. Diciamo che i media amplificano la possibilità di manipolare le opinioni e quindi c'è bisogno di un pensiero critico. Quanto alle neuroscienze cognitive, possono essere un'arma a doppio taglio: forniscono ulteriori strumenti di manipolazione, ma anche i mezzi per smascherarle..».
Maria Paola Masala

 

L'altro grande protagonista della giornata di studi di sabato è uno dei massimi psicoanalisti viventi
Daniel Stern, noi ci riflettiamo negli altri
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Nel campo della psicologia e della psicoterapia quando si parla di “mondo interpersonale del bambino”, “costellazione materna”, “intersoggettività”, il punto di riferimento è lui. È Daniel Stern, uno dei massimi psicoanalisti viventi, per quanto il suo rapporto con la psicoanalisi ortodossa non sia stata, spesso, senza contrasti.
Nei suoi studi sullo sviluppo psicologico del bambino, (nel filone della cosiddetta “infant research”) Stern ha messo in evidenza che sulla costruzione del mondo psichico, più che le istanze pulsionali di cui aveva parlato Freud, giocano un ruolo essenziale i rapporti interpersonali concretamente sperimentati con le figure significative di riferimento, in particolare la madre. Stern mette, dunque, al centro dello sviluppo psicologico e della stessa funzione della mente, la relazione intersoggettiva: «Non vi è mente - afferma - senza continua interazione con l'altro». Questa concezione è stata oggi ampiamente confermata dalle neuroscienze, attraverso l'importante scoperta dei “neuroni specchio”, che onora la ricerca italiana perché è stata compiuta da Rizzolatti, Gallese e altri ricercatori dell'Università di Parma. Si tratta di neuroni che hanno una funzione di rispecchiamento delle azioni, delle percezioni e delle emozioni degli altri. Indicano, quindi, una sorta di predisposizione neurobiologica dell'individuo umano all'intersoggettività.
Ma come si esprime l'intersoggettività? Non si tratta, naturalmente, solo di scambi verbali, ma di esperienze emozionali condivise, che utilizzano linguaggi impliciti, come quelli che permettono al bambino di apprendere e comunicare con la madre, attraverso i gesti, gli sguardi, la mimica, il contatto fisico. O, ancora, come quella sintonizzazione e sincronizzazione emotiva che consente a due innamorati di lanciarsi l'uno nelle braccia dell'altro e di unirsi in un bacio appassionato con un “atterraggio morbido” senza rischiare di compromettere la reciproca integrità dentaria.
Questa “conoscenza relazionale implicita”, attraverso cui anche inconsapevolmente le menti si incontrano, ha per Stern un'enorme importanza ed è l'elemento fondante dell'intersoggettività. Essa svolge un ruolo essenziale anche in psicoterapia, perché solo se la relazione terapeutica diventa veicolo di empatia può produrre efficacemente cambiamento. Le tecniche terapeutiche (le interpretazioni verbali) da sole non bastano. È necessario quel “qualcosa in più” di cui parla Stern, che coincide con una reciproca circolazione affettiva, che implica altri linguaggi mediati dal corpo. Questa concezione, dunque, riaggrega la mente al corpo riprendendo le intuizioni anticipatrici della filosofia fenomenologica. Dà alla mente quella dimensione “embodied” (incarnata) che oggi le neuroscienze le riconoscono; e fa della corporeità la base della intersoggettività e il centro di emanazione di quelle “forme di vitalità” di cui Stern parla nel suo ultimo libro ( Le forme vitali , Ed. Cortina, 2011).
Tutto ciò non significa sottovalutare l'importanza del pensiero razionale, ma sottolineare (come confermano le neuroscienze) che la razionalità non può essere svincolata dalle emozioni, e queste sono legate ai linguaggi del corpo. «La natura - scrive Stern - ( Il momento presente , 2006), ha avuto la saggezza di non iniziare i bambini all'uso del linguaggio verbale prima di un anno e mezzo di età, per dar loro il tempo di apprendere come funziona veramente il mondo umano, senza la distrazione e le complicazioni delle parole, ma solo con l'aiuto della musica del linguaggio».
Luigi Onnis