Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

«Non si costruisce su una necropoli»

Fonte: La Nuova Sardegna
26 gennaio 2011

L’avvocato della Regione difende il colle punico davanti al Consiglio di Stato dal progetto di edificazione


I legali di Coimpresa e del Comune: «Vincolo arbitrario e ingiustificato»

DALL’INVIATO MAURO LISSIA


ROMA. E’ cambiata la sensibilità per i beni culturali, è cambiata la legge e non è piu possibile costruire su una necropoli: c’é il codice del paesaggio e la Regione, in linea col piano paesaggistico, ha solo applicato le norme riportando il vincolo su Tuvixeddu alla situazione del 1997.
Davanti ai giudici del Consiglio di Stato - assente l’Avvocatura dello Stato, che fino a ieri era schierata con Regione e sovrintendenze - - alla partita decisiva per il colle dei Punici l’avvocato Vincenzo Cerulli Irelli ha difeso le ragioni dell’amministrazione Soru e quelle degli ambientalisti che si oppongono al piano di Nuova Iniziative Coimpresa lasciando parlare soprattutto le carte, la montagna di atti prodotta dall’ufficio legale della Regione, compresi quelli dell’indagine penale condotta dalla Procura cagliaritana. Ignorati i toni aspri usati nelle memorie depositate dai legali del gruppo Cualbu («sorvoliamo, sono toni che non ci appartengono e a cui non siamo abituati») il celebre docente di diritto amministrativo ha puntato dritto sul tema del vincolo sull’area di interesse storico-culturale, il centro della controversia che in primo grado ha visto prevalere l’impresa privata. Ad ascoltarlo i magistrati della sesta sezione - presidente Severini, relatore Meschino, consiglieri De Nictolis, Garofalo e il cagliaritano Manfredo Atzeni - che hanno rinviato sino al primo pomeriggio un’udienza considerata piuttosto complessa per gli interessi in gioco e per l’imponenza delle produzioni.
«Si parla di un parco archeologico - ha detto Cerulli Irelli - ma qui siamo di fronte a un parco destinato ad essere coperto dalle costruzioni». E’ vero che la Regione aveva esteso il vincolo paesggistico a un’area di 120 ettari, ma in quell’area è compresa la necropoli «e le tombe si trovano dappertutto, sparse ovunque a dimostrare che Tuvixeddu è un paesaggio storico-culturale unico, da difendere nel suo complesso. E’ un polmone selvaggio nel cuore della città di Cagliari e ha piena e riconosciuta valenza archeologica». D’altronde - ha sostenuto l’avvocato Giampiero Contu, che tutela l’associazione Sardegna Democratica - se nei 120 ettari erano compresi spazi urbanizzati e ampiamente edificati «il vincolo imposto col piano paesaggistico aveva solo valore ricognitivo». Si trattava per Contu di un’indicazione generale, provvisoria, sulla quale avrebbe dovuto lavorare il Comune. Per ritagliarvi poi una superficie d’interesse, da proteggere e da tenere a debita distanza dai bulldozer.
Ma proprio il Comune in questa vertenza amministrativa infinita è schierato al fianco del costruttore. E il suo legale, l’avvocato Marcello Vignolo, ha negato con decisione che un vincolo così largo avesse una giustificazione: «E’ falso - ha detto Vignolo - che da via Is Maglias, dove il progetto prevede l’edificazione, si possa vedere il catino di Tuvixeddu. La necropoli oggi si vede solo dall’aereo ed è stato lo sviluppo urbanistico selvaggio degli anni settanta a provocare questa situazione». Situazione non più recuperabile, per il legale, perchè il colle è ormai compromesso sebbene il sito archeologico sia rimasto intatto. Ma l’iniziativa della Regione, per Vignolo, ha bloccato due opere fondamentali per la citta: «Il parco archeologico pubblico e la strada a quattro corsie da realizzarsi nel tunnel». Comunque sia, ha tagliato corto il legale di Coimpresa Pietro Corda «per imporre un vincolo di 120 ettari non c’è alcuna motivazione logica (nella memoria l’avvocato aveva parlato di decisione di competenza ‘psichiatrica’ ndr) e non c’è prova che sia necessario perchè da parte della Regione non c’è stata alcuna istruttoria». Per Coimpresa «si tratta di un vincolo arbitrario e inutile».
A soppesare ogni parola di un confronto legale che ha sfiorato in più occasioni lo scontro c’era Elio Garzillo, l’ex direttore regionale dei beni culturali che si è battuto a lungo in difesa di Tuvixeddu. Con lui due rappresentanti di Italia Nostra: il medico-scrittore Giorgio Todde e la responsabile giuridica Maria Paola Morittu. E l’associazione culturale ha dato un importante contributo al confronto con l’intervento dell’avvocato Carlo Dore, che liquidato il contenuto degli atti firmati dai legali di Coimpresa («erano in stato di nevrosi») ha parlato della contestata riperimetrazione dell’area di Tuvixeddu-Tuvumannu: «Nessun arbitrio, perchè si tratta dello stesso vincolo del 1997». Quindi, a giudizio di Italia Nostra, non serviva alcuna istruttoria, visto che il vincolo non è stato esteso. Difesa l’applicazione delle norme del piano paesaggistico sul colle, Dore ha fatto riferimento a una sequenza di documenti storici e di atti firmati da sovrintendenti del passato secondo i quali l’area sepolcrale si estenderebbe ben al di là dei confini stabiliti con il parco e oltre quelli del vincolo «fino alla sommità di via Is Maglias». D’altronde, malgrado l’accordo di programma lo prevedesse, nessuno fino ad oggi ha pensato di compiere una ricognizione precisa dell’area esterna al vincolo utilizzando gli strumenti magnetometrici indicati nel documento del 2000. Resta così l’incertezza sulle dimensioni reali della superficie storica, un’incertezza che le sovrintendenze hanno contribuito ad alimentare con dati e interventi contradditori. I soli ad esser certi restano i rappresentanti di Coimpresa, per i quali i vincoli attuali sono sufficienti a garantire la tutela del sito archeologico. Ora non resta che attendere la decisione del Consiglio di Stato. Nessuna indicazione sui tempi, difficile che siano brevi.