Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Lylia Zilberstein, pianista di maestosa eleganza

Fonte: La Nuova Sardegna
15 novembre 2010



La concertista russa al Comunale tra Rachmaninov e Chopin




GABRIELE BALLOI

CAGLIARI. L’avevamo già apprezzata tre anni fa nell’amito del programma della Stagione concertistica 2007 del Teatro Lirico, con la grandiosa performance del «Concerto n. 3» di Rachmaninov. Venerdì sera è tornata nuovamente al Comunale, ospite della nuova stagione del Lirico, ma questa volta in un recital solistico fra Chopin, Skrjabin e ancora l’amato Rachmaninov. È Lilya Zilberstein, formidabile pianista moscovita, ad ammaliare il pubblico nel terzo appuntamento con la Stagione concertistica.
Si comincia con Chopin, di cui ricorre fra l’altro il duecentesimo anniversario della nascita, e la scelta cade su un brano di scarsa conoscenza e frequentazione quale il «Rondò in do minore op.1», seguito dalle «Variations brillantes sur le rondeau favorite op.12» e la «Sonata n.1 op.4».
Propone quindi, fondamentalmente, uno Chopin “prima maniera” per quanto già maturo, e lo fa con esecuzioni di perfetto equilibrio stilistico: è introspettiva ma non troppo, suadente ma non sentimentale, dotata di un ampia gamma coloristica pur non perdendo mai unitarietà di carattere. Non meraviglia che la Argerich (attesa sullo stesso palcoscenico del Comunale il prossimo 13 e 14 dicembre) la voglia al suo fianco, da oltre un decennio, nei vari concerti in giro per l’Europa. Estremo controllo d’ogni parametro musicale; analitica, sì, ma mai fredda, è fenomenale nel governare articolazione, agogica, dinamica e pedalizzazione: la Zilberstein è davvero una degna discendente della grande scuola pianistica russa.
Connazionali poi sono anche gli autori della seconda parte di programma. Uno Skrjabin particolarmente sentito, gradazioni vellutate e malinconici ardori si combinano nella febbrile poesia della «Sonata n.3 in fa diesis minore op.23», forse la più eseguita e popolare di tutte le sonate di Skrjabin. A metà strada fra un Ashkenazy e un Sokolov, la Zilberstein sembra mettervi del primo lo smalto sonoro e del secondo lo scavo psicologico.
Così, dalla cupa ed esoterica passionalità di Skrjabin si passa, infine, al virtuosismo un po’ estetizzante di Rachmaninov. È qui, nei sei «Momenti musicali op.16», che l’esecutrice può saggiare appieno le sue risorse tecniche, coniugandole spesso a un’eloquenza fiera e maestosa, e senza per questo sfoggiare mai, in modo gratuito e narcisistico, l’abilità alla tastiera: ogni maestria è sempre asservita a un consapevole aspetto espressivo.