Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Una moschea per i musulmani sardi»

Fonte: L'Unione Sarda
10 novembre 2010

L'intervista. Parla il presidente dell'associazione Amicizia Sardegna-Palestina
Fawzi Ismail: discriminati i cagliaritani di fede islamica
La richiesta: «Serve un dialogo per evitare problemi in futuro».
Premessa: «Io sono un laico, non ne faccio una guerra di religione. Semplicemente ho a cuore la convivenza: gli islamici in città ci sono, non si può far finta di niente. E bisogna metterli in grado di pregare». Radiologo, da trent'anni a Cagliari, Fawzi Ismail è presidente dell'associazione Amicizia Sardegna-Palestina. È nato quarantanove anni fa a Beit Noba, paese della Giordania cancellato - insieme a molti altri - dalle cartine geografiche. Appena un mese fa, durante un convegno, ha accusato il sindaco di essere in malafede sul tema della moschea: «Floris dice: gli islamici potranno costruire a Cagliari un luogo di culto quando ci sarà reciprocità e i cristiani potranno costruire chiese nei paesi musulmani. Ma questo succede già dappertutto, tranne in Arabia Saudita». Ora corregge leggermente il tiro: «Per me quello del primo cittadino è un approccio sbagliato, ma non voglio far polemica né arrivare allo scontro. Il mio interesse è creare un dialogo tra l'amministrazione e la comunità islamica. Fare il mediatore».
LA RICHIESTA L'ultima richiesta di Emilio Floris è stata chiara: se gli immigrati vogliono una moschea, si devono impegnare formalmente a promuovere condizioni di reciprocità nel proprio paese d'origine. Ismail non è d'accordo con la condizione posta dal sindaco: «È sbagliato chiedere questo, perché stiamo parlando nella gran parte dei casi di persone scappate da nazioni in guerra o dove c'è la dittatura. In Italia per fortuna ci sono condizioni diverse».
ISLAM CAGLIARITANO La richiesta di «un terreno dover costruire una moschea» è stata fatta da Triki Menez, imam di Cagliari, al termine dell'ultimo ramadan. Motivo: l'edificio di via del Collegio è troppo piccolo e i circa 200 musulmani che ogni venerdì si ritrovano alla Marina per pregare si inginocchiano in strada. Con tutte le conseguenze: lamentele da parte delle scuole vicine (la preghiera coincide con l'orario di fine lezione delle elementari) e degli abitanti del quartiere.
Ismail ne fa anche un discorso di cittadinanza: «Io sono cagliaritano, ma anche tanti altri musulmani hanno la cittadinanza italiana e sono residenti in città. Ci sono tanti giovani nati qui, siamo alla seconda o terza generazione di immigrati. E allora: perché non viene data la possibilità a questi cagliaritani di pregare? Significa che esistono cittadini di serie A e cittadini di serie B». Secondo Al Huba, l'associazione che gestisce la moschea di via del Collegio, la comunità musulmana conta quasi quattromila persone tra Cagliari e la sua cintura urbana.
LA RICHIESTA Quindi la mano tesa: «Io vorrei solo che il Comune mettesse le basi per una pacifica convivenza in futuro. La cultura non è statica, è un concetto in continuo movimento. Fino ad ora non ci sono stati problemi di ordine pubblico in città. A parte pochissime eccezioni, gli immigrati di fede musulmana non hanno mai preoccupato dal punto di vista sociale. Perché non si cerca di prevenire comportamenti negativi, considerando le esigenze di tutti?». I soldi, hanno sempre ricordato gli islamici, non sarebbero un problema. La comunità sarda li sta raccogliendo da mesi. Anche via internet: sul blog “La luce di Allah” è stato pubblicato un appello per contribuire all'acquisto di una casa di campagna nel comune di Decimomannu da trasformare in moschea. Ma quei soldi potrebbero servire anche per realizzarne una sul territorio di Cagliari.
M.R.

10/11/2010