Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Il Comune tradisce Sant’Elia

Fonte: La Nuova Sardegna
2 novembre 2010

DOMENICA, 31 OTTOBRE 2010

Pagina 1 - Cagliari


«Utile che resti così: serve al piccolo cabotaggio politico»

Doveva essere una grande scommessa urbanistica adesso è il regno dello spaccio diffuso e dell’economia in nero

ALESSANDRA SALLEMI

CAGLIARI. A Sant’Elia ci sono un’ottima scuola pubblica, il bellissimo Lazzaretto ristrutturato in centro culturale, un mercatino domenicale frequentato dai cagliaritani con puntigliosa costanza, anche una parrocchia superattiva. Poi l’altra faccia della medaglia: in media due volte la settimana, polizia e carabinieri arrestano uno spacciatore colto in flagranza di reato con qualche centinaio di euro in tasca «provento dello spaccio» e poche dosi di droga. Un anno fa saltò fuori la storia del trafficante del quartiere che aveva introiti anche di 50 mila euro al mese, gestiva una rete organizzatissima di segretari, corrieri, vedette, spacciatori che potevano contare su retribuzioni mensili di 2 mila euro. Un’economia, illegale ma solida. Sant’Elia, assieme ad altre (poche) zone della città, è un punto di riferimento sicuro per chi vuole comprare «fumo», «neve», insomma quel che va cercando. La terza faccia di Sant’Elia è quella degli altri: coloro i quali producono idee a fondo perduto sul futuro del quartiere.
Laboratorio in negativo. La storia lontana di Sant’Elia conferma che nulla si muove in favore di questa sponda della città. Gian Mario Selis, già candidato sindaco e ora consigliere comunale del Pd, alla fine degli anni Sessanta pubblicò una ricerca dove, tra le altre questioni, se ne affermava una: la città «consuma» Sant’Elia. «E’ un quartiere che si presta a essere colonizzato - spiega Selis -, che diventa un laboratorio politico e sociale di cose che non si fanno. E’ un quartiere che serve per rifornirsi di voti, col sistema delle bollette pagate e via elencando. Negli anni il modo di usare il quartiere da parte della città non è cambiato: qui si vengono a cercare servizi illegali, come lo spaccio della droga. Tutti si scandalizzano, ma è un’economia forte perché c’è sempre domanda e sempre offerta e quest’ultima produce una ricchezza che a Sant’Elia (come altrove in città e in altre città) in giro si vede. Perché non si è mai messo in moto un cambiamento? Perché la logica che governa la città, il potere, la comunicazione produce conservazione, non cambiamento. E l’altro aspetto della conservazione è l’egemonia dell’economia illegale. Il quartiere è fermo: si è creata una sinergia tra volontà di non cambiare nulla interna ed esterna. Il punto è che prima, quella interna, non c’era. Per cambiare un quartiere, non basta un disegno urbanistico, ci vuole un’analisi sociale dei gruppi, delle stratificazioni, del lavoro nero, del lavoro abusivo e delle ragioni di tutto questo...».
Le proposte. Zona franca, porticciolo, passeggiata a mare, soprattutto la riqualificazione del vivere nel quartiere attraverso la ristrutturazione dei palazzi, la creazione di spazi comuni ecc. Ninni Depau capogruppo Pd in consiglio comunale: «La situazione di Sant’Elia favorisce le politiche di basso cabotaggio. Niente di tutto quel gran parlare di riqualificazione è approdato in consiglio comunale e si sono perduti i denari per farla. Anche il porticciolo è bloccato: pure questo faceva parte dell’accordo di programma da 250 milioni di euro firmato da Soru e da Floris e sconfessato dalla stessa maggioranza del sindaco. In quell’accordo c’era, come si ricorderà, il campus universitario, il museo Betile, il porticciolo, anche i 30 milioni di euro che dovevano essere erogati da Area (l’ente di gestione dell’edilizia popolare). Se vogliamo avere il polso dell’interesse vero del Comune per Sant’Elia basta andare a guardare fra le delibere: sul quartiere, non se ne rintracciano. Nessun tipo di iniziativa che faccia dire: il Comune è interessato a questo o a quell’aspetto». Al lungomare sì: «Per mero marketing politico. Ma è strettamente legato al parcheggio sotterraneo di via Roma, un’opera il cui impegno tecnico mi sembra troppo sottovalutato».
La zona franca. Tornando a Sant’Elia, Depau cita l’unico progetto che sembrava destinato ad arrivare a un risultato, quello sulla zona franca per le attività produttive. «La nostra mozione è di un anno fa - continua Depau - seguiva al ripristino del progetto per Cagliari che il Governo aveva a un certo punto eliminato. In un anno non è successo nulla, la pratica è andata avanti a Roma, ma il Comune non l’ha seguita e soprattutto si è comportato come se non dovesse mai arrivare a buon fine. Nei prossimi giorni - dice il capogruppo - vogliamo tornare sull’argomento in consiglio comunale per chiedere conto alla giunta di quello che non ha ancora fatto su Sant’Elia a favore della zona franca. Anche se gli incentivi per le imprese arrivassero domani, nel quartiere non si potrebbe far nulla perché non sono state individuate le aree dove queste attività possono essere avviate. Ci vogliono aree attrezzate che quando il progetto potrà partire dovranno essere pronte».
Dismissioni militari. Depau spiega che un tema nel tema sono gli edifici militari in dismissione. «Nella richiesta a proposito degli adempimenti necessari per rendere operativa la zona franca inseriremo anche l’argomento degli edifici militari. Ci sono soluzioni interessanti che potrebbero trovare applicazione, anzi, agevolazione, proprio dal regime fiscale possibile con la zona franca». Il problema: i soldi per gli incentivi alle imprese sono ancora in bilancio? Depau non nasconde che ci potrebbero essere brutte sorprese, ovviamente col Comune ignaro.