Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Riva: il vero obiettivo è il Sant’Elia

Fonte: La Nuova Sardegna
3 settembre 2010


VENERDÌ, 03 SETTEMBRE 2010

Pagina 4 - Sardegna

«È su quell’area che girano interessi enormi»

FELICE TESTA

 CAGLIARI. Quando Gigi Riva prende la palla punta dritto in porta, si tratti di una partita di calcio o della sorte del Sant’Elia e nuovi stadi connessi. In genere, ai tempi di Rombo di Tuono faceva gol e le abitudini sono difficili da perdere.
«Non ero a conoscenza della decisione dell’Enac di bocciare il progetto presentato al Comune di Elmas, l’ho appreso dalla stampa - dice di sfuggita il campione rossoblù, più interessato a quello che ritiene il nocciolo della vicenda, piuttosto che ai passaggi intermedi -. Si gioca su Elmas, su Quartu, su Assemini - dice, scandendo le parole - ma l’obiettivo vero resta il Sant’Elia. È su quell’area che girano interessi enormi, è lì che si possono fare affari di ogni genere. È quella la zona che interessa Cellino, con intenzioni che poco hanno a che vedere con il calcio. Il resto - ribadisce, sintetizzando un concetto già espresso - sono solo prese per il sedere». Gigi Riva parla con un misto di indignazione e di ironia che prendono i tempi comici e amari di uno sketch di Petrolini.
«Le mosse di Cellino sono solo diversivi. Prima a Quartu, già comprate le aree, foto con il sindaco di Quartu, poi Assemini, foto con il sindaco di Assemini, adesso Elmas, foto con il sindaco di Elmas. Quello che vuole davvero è una cosa sola, il Sant’Elia che però non è proprietà del Cagliari calcio, è proprietà dei sardi, costruito con i soldi della Regione, quindi con i soldi di tutti noi che viviamo in Sardegna. Il Sant’Elia - aggiunge con un tono che non ammette troppe repliche - non è nato per il calcio. È stato progettato molto tempo prima del Cagliari dello scudetto perché l’isola avesse uno stadio vero, con un campo da pallone, la pista d’atletica, gli spazi per ospitare le grandi manifestazioni sportive, ora non può diventare di proprietà di uno solo, va rimesso a posto e restituito ai sardi».
La bandiera rossoblù che sardo non è, nonostante per molti tifosi sia ancora una questione tutta da dimostrare, se non altro per sardità acquisita al merito sportivo e alla sensibilità di un campione che ha saputo leggere nel cuore di una regione e dei suoi abitanti, parla andando ancora una volta dritto verso la porta. «È inammissibile - conclude, mettendo insieme lo stadio Sant’Elia, gli appetiti commerciali del grande business edilizio-sportivo-commerciale e la fatica della gente delle campagne - che mentre i pastori scendono in piazza e lottano per avere un aumento di qualche centesimo sul prezzo del latte, che consenta alle loro aziende di tirare avanti, qualcuno pensi di regalare un bene dei sardi a un uomo solo».