Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Sole, mare, spaghetti e psicofarmaci

Fonte: L'Unione Sarda
23 agosto 2010


Quasi un cagliaritano su tre fa uso di ansiolitici o antidepressivi

Stando a Federfarma le vendite crescono del 10 per cento ogni anno. Gli assuntori più assidui sono anziani e giovani tossicodipendenti.
Spaghetti ai ricci, sole, Poetto e psicofarmaci. Dietro l'immagine di città a misura d'uomo che ne fa uno dei capoluoghi più vivibili d'Italia, Cagliari nasconde un lato oscuro, un'insospettabile propensione alla tristezza che a volte si trasforma in vera e propria depressione.
BOOM DI PSICOFARMACI Tavor, Minias, Lexotan. In ogni casa cagliaritana, magari ben nascosta sul mobile più alto del bagno o del soggiorno, pare ci sia una scatoletta di questi medicinali. Per combattere l'ansia, le crisi di panico, l'insonnia cronica, l'inquietudine. «È un problema poco noto - conferma Giorgio Congiu, presidente regionale di Federfarma, l'associazione dei titolari di farmacie - ma in città ormai da tempo si assiste a un netto quanto ingiustificato incremento dell'uso di psicofarmaci».
PIÙ 10% ALL'ANNO Le prescrizioni crescono al ritmo del 10 per cento l'anno, battendo ogni volta il record precedente. «Secondo una nostra stima, dalle vendite registrate nelle farmacie cittadine, ipotizziamo che il 30 per cento dei cagliaritani assumono con frequenza questi farmaci, soprattutto ansiolitici». Il loro principio attivo si chiama benzodiazepine e fa miracoli: rilassa, calma, rende tutto più facile, il mondo appare migliore. Ma alla lunga danno dipendenza e comunque non estirpano la causa dei problemi, la radice del male di vivere. «Lo psicofarmaco è un aiuto nella fase critica, dà benefici evidenti - prosegue Congiu -, ma non può diventare un modo per combattere le frustrazioni e la fatica quotidiana». A usarli sono un po' tutti, senza distinzione di età, istruzione o censo, ma gli assuntori più accaniti pare siano gli anziani con problemi d'insonnia e i giovani con esperienze di tossicodipendenza.
FARMACIE SENTINELLA C'è poi un altro aspetto ancora più sorprendente: la diffusione di ansiolitici, ma anche antidepressivi (usati per disturbi più gravi) non è uniforme. «Registriamo picchi in alcuni quartieri - conferma il presidente di Federfarma - e questo dovrebbe farci capire quanto importante sarebbe monitorare questi fenomeni». La teoria è quella delle farmacie come sentinelle del disagio sociale: «Se in un certo rione abbiamo un utilizzo crescente di alcune classi di farmaci possiamo ipotizzare l'esistenza di una criticità e intervenire dal punto di vista sociale, con la prevenzione».
IL CASO Congiu fa un esempio che aiuta a capire: «Verso la fine degli anni Settanta avevo una presidio farmaceutico in un paesino rurale dell'hinterland, dove ci fu un inspiegabile incremento della vendita di Tavor. Sa qual era la ragione? La noia, che spesso sfociava nella depressione. Alle sei di sera chiudeva tutto, la gente si tappava in casa e non socializzava. Ne parlai con i servizi sociali del Comune che presero della contromisure: furono organizzati dibattiti, proiezioni di film, eventi ludici. Con risultati straordinari: in poco tempo le vendite di Tavor tornarono a livelli normali». A conferma del fatto che prevenire è sempre meglio che curare.
MASSIMO LEDDA

21/08/2010