Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

La Bibbia secondo Chagall

Fonte: La Nuova Sardegna
21 giugno 2010

DOMENICA, 20 GIUGNO 2010

Pagina 43 - Inserto Estate



A Cagliari 105 stampe del pittore ispirate all’Antico testamento



LA MOSTRA Fino al 27 giugno al centro culturale Il Ghetto Le opere furono realizzate tra il 1931 e il 1966

GIANNI OLLA


CAGLIARI. Fino al 27 giugno, al Centro comunale di cultura e arte Il Ghetto, è ancora visibile una delle più belle esposizioni cittadine di questi ultimi anni: «Il veggente di Vitebsk. Marc Chagall e l’Antico testamento». Si tratta di centocinque stampe monocrome (in bianco e nero) dedicate ai principali episodi della Bibbia, la cui pubblicazione, cominciata in Olanda nel 1931, su incarico del collezionista Ambroise Vollard, fu interrotta dalla guerra e ripresa negli anni Cinquanta. A questo primo ciclo si aggiunse nel 1966 un secondo ciclo, dedicato all’Esodo, composto da 24 stampe a colori, anch’esse commissionate da un collezionista/editore, Tèriade.
Questo lavoro di ispirazione e ricongiunzione religiosa, s’interseca continuamente con la carriera di pittore di Chagall e ne recupera, com’è ovvio, le specificità poetiche e tecniche, che potremmo definire come un surrealismo favolistico, al limite della “naivitèe”. D’altronde, Chagall, ebreo russo che visse a cavallo tra molte guerre e molte rivoluzioni, si formò a Parigi negli anni delle avanguardie, portandosi dietro la cultura profonda e secolare dell’ebraismo askenazita, una nazione trasversale- ma con una lingua comune, l’yiddish - che si estendeva, a strappi e ad isole, dalla Germania Orientale alla Lituania, passando per la Polonia e la Russia. La stessa città in cui nacque il pittore, Vitebsk, si trova ora in Bielorussia, uno dei nuovi stati emersi dal dissolvimento dell’Unione Sovietica.
Nell’intero ciclo si può quindi percepire una doppia trasfusione poetica: dai grandi cieli azzurri, dai voli dei personaggi, insomma dalla fantasia estrema, anche in termini coloristici, della sua pittura civile, legata fortemente al “chassidismo” che aveva, in qualche modo, liberalizzato mito e folclore ebraico, si passa ad una visione del libro sacro in cui profeti, condottieri, donne, angeli, sembrano anch’essi far parte dell’universo fantastico degli “shtetl” - ovvero i piccoli villaggi ebraici dell’est Europa - celebrati in tanti racconti di Isaac Singer, il più grande scrittore di lingua yiddish, premio Nobel per la letteratura nel 1978.
Va anche aggiunto che la rilettura biblica di Chagall è anche un ritorno a casa derivato dalla tragica storia degli ebrei orientali, tra gli anni Trenta e la fondazione dello Stato di Israele nel 1948. Non a caso il lavoro ha inizio nel 1931, con Chagall già esule e consapevole dello storico antisemitismo russo; s’interrompe nel 1939, con il trionfo degli eserciti nazisti e riprende dopo la fine della guerra, quando per gli ebrei sembra davvero una necessità riallacciarsi alle radici, religiose e non. E di nuovo, nelle ventiquattro stampe a colori dell’Esodo, che vedono la luce nel 1966, c’è una trasparente metafora proprio della nascita e del consolidamento dello Stato di Israele, nuova terra promessa per gli ebrei in fuga dall’occidente. E anche qui, questa commistione tra radici europee orientali e nuove identità mediterranee, sembrano anticipare le pagine di un altro grande scrittore, Amos Oz, i cui nonni e zii provenivano dalla Lituania, dalla Polonia e dalla Russia, cioè proprio dall’universo culturale askenazita.