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Presentazione del volume Procurad’ ‘e moderare di e con Luciano Marrocu

16 giugno 2014, 16:05
Giovedì 19 giugno 2014 ore 20 Terrazza del Teatro Massimo a Cagliari.

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Presentazione del volume
Procurad’ ‘e moderare
Racconto popolare della rivoluzione sarda
di Luciano Marrocu (Aipsa Edizioni 2014)

Giovedì 19 giugno 2014 - ore 20,00
Terrazza del Teatro Massimo, via de Magistris 12 - Cagliari

ne parlano con l’autore
Giacomo Mameli, giornalista e scrittore
Renato Soru, europarlamentare

Letture di Fausto Siddi
Musiche a cura di Ennio Atzeni

Il libro. A quasi vent’anni dalla prima edizione, i risultati di nuove ricerche hanno convinto Luciano Marrocu a riprendere in mano “Procurad’ ‘e moderare. Racconto popolare della rivouzione sarda”. D’altra parte – come lui stesso afferma – la mancanza a tutt’oggi di una solida opera d’insieme sul 1793-96 forse rende ancora utile questo mio “racconto popolare”. Se non altro perché fornisce materiali e suggestioni a una discussione politica, quella sull’identità sarda, tanto vivace e appassionata quanto a volte immemore dei suoi precedenti.

Come in un racconto popolare, infatti, il libro ricostruisce le vicende militari e politiche del cosiddetto “triennio rivoluzionario” della Sardegna (1793-1796): la tentata invasione dei francesi e la loro sconfitta, la cacciata dei piemontesi il 28 aprile del ’94, i moti antifeudali, la marcia trionfale di Giommaria Angioy e poi l’amarezza della sconfitta, la fine della “Sarda Rivoluzione”, il dolore di un esilio.

Un racconto popolare che Luciano Marrocu vuole continuare a narrare come dimostrato recentemente dall’originale azione teatrale di “Palabanda”, una mise en scène curata da Rita Atzeri per Miele Amaro (in collaborazione con Il Crogiuolo e Teatro d’Inverno), in cui la ricostruzione degli eventi affiora attraverso dialoghi immaginari tra i protagonisti dell’insurrezione. Verità e invenzione per dipingere un affresco del Regno di Sardegna nel primo Ottocento, sotto i Savoia, e per restituire la temperie politica e culturale in cui prese forma l’idea della rivolta cagliaritana.

L’autore
Luciano Marrocu, storico e scrittore.
Allievo di Paolo Spriano e Giuliano Procacci, ha insegnato all’Università La Sapienza di Roma e attualmente è docente di Storia contemporanea all’Università di Cagliari.
Autore di numerosi saggi storici che spaziano dal pensiero fabiano al movimento operaio inglese, alla Sardegna contemporanea,
è presente con il saggio Il ventennio fascista nel volume dedicato alla Sardegna della Storia d'Italia Einaudi (1998) ed è tra i curatori dell'Enciclopedia della Sinistra europea (2000).
Tra i suoi molti lavori, meritano di essere segnalate le pregevoli biografie di Beatrice Webb (Il salotto della signora Webb, Editori Riuniti 1992), di Theodor Mommsen (Theodor Mommsen nell’isola dei falsari, Cuec 2009),
di George Orwell (Orwell. La solitudine di uno scrittore, Della Porta Editori 2009).
Nel 2000 esordisce nella narrativa con il romanzo Fàulas, con cui inaugura la serie “poliziesca”, ambientata durante il Ventennio fascista, che ha come protagonisti Luciano Serra ed Eupremio Carruezzo.
A oggi sei romanzi, tradotti anche all'estero: oltre Faulas, Debrà Libanos (2002), Scarpe rosse e tacchi a spillo (2004), Il caso del croato morto ucciso (2010), Farouk (2011) e Affari riservati (2013).

Dal libro
Cagliari come la raffigurano stampe e vedute tardo-settecentesche, è una città bianca di mura e di torri, tutta addensata su un’altura che domina il golfo. Castello è il punto più alto della città e ne è anche il cuore. Attorno a esso si stringono i tre borghi: Marina, Stampace e Villanova. Si stringono ma non lo soffocano. Un vasto sistema di spalti, fossati, torri, bastioni circonda la città alta. Di dubbia utilità da un punto di vista militare, questo sistema di fortificazioni tiene nettamente separato Castello dalle sue appendici. […] Dentro Castello sono rinserrati i nobili e ha sede il potere politico e religioso. […]

Viene da chiedersi perché nobili e piemontesi si ostinino a voler vivere in quel modesto rilievo fonte di mille disagi, un intrico di strade strette e buie, per nulla protetto dai venti. La spiegazione corrente chiama in causa “l’aria salubre”: in effetti arroccarsi a Castello serve a tenere il più lontano possibile i miasmi degli stagni che circondano la città. Ma si ha l’impressione che i suoi abitanti più altolocati preferiscano Castello soprattutto “per la maggior sicurezza loro”, come scrive un testimone piemontese. Castello è un universo chiuso, dai confini certi, rigidamente segnati, e già questo li fa sentire protetti. È anche un universo presidiato, visto che la gran parte delle truppe presenti in città sono acquartierate nella Cittadella, che di Castello costituisce l’estremo baluardo a nord.

Come questa città diventi nella seconda parte del 1792 oggetto dei piani di conquista della Francia ivoluzionaria, è una vicenda che merita di essere raccontata. […]

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